Ed eccoci qui finalmente arrivati al terzo e ultimo appuntamento dedicato alle modifiche del codice della privacy introdotte dal decreto capienze.
In questo articolo tratterò due argomenti: nella prima parte commenterò i provvedimenti a carattere generale dell’autorità in tema di data retention, nella seconda parte sarà invece interamente dedicata sull’art 144 bis rubricato come Revenge porn.
Prima però, se ti fossi perso gli altri articoli sull’argomento, eccoti i link:
– Atti amministrativi generali e nuova formulazione degli art 2 ter e sexies;
– Novità sui poteri e i compiti del Garante;
Affrontiamo ora il tema della cosiddetta “data retention” e più specificatamente dei tempi e delle modalità di conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico in ambito penale.
Ci troviamo nel Titolo Decimo del d.lgs 196/2003 avente per oggetto le comunicazioni e i servizi di natura elettronica e nello specifico all’art. 132.
La particolarità qui è che il legislatore è intervenuto per coordinare il testo dopo l’abrogazione dell’art. 2 quinquiesdecies.
Preservando in questo caso il potere del garante di assumere un provvedimento di carattere generale per definire misure di sicurezza a garanzia dell’interessato che i gestori dei servizi sono tenuti a seguire
Evidentemente il legislatore ha inteso lasciare invariata la disciplina anche in seguito all’abrogazione del 2 quinquiesdecies
Resta infatti sottratta all’arbitrarietà regolamentare dei provider la materia della protezione e della conservazione dei dati in rete nonché della loro cancellazione una volta trascorso il periodo previsto normativamente che ricordo essere attualmente
24 mesi per il traffico telefonico e 12 mesi per quello telematico.
Andiamo avanti.
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Piccola premessa:
il Revenge Porn consiste nella diffusione di immagini o video sessualmente espliciti senza (o contro) il consenso della persona ritratta in quei documenti.
Pur non trattandosi di un fenomeno particolarmente nuovo è sicuramente esploso negli ultimi anni con la crescita massiva dei social network e la diffusione capillare degli smartphone.
Prima del 2019, le condotte che integravano il reato erano perseguite tramite incriminazione di altri reati (minaccia, diffamazione, estorsione, violenza, violazione della privacy e trattamento illecito di dati personali).
Nel nostro ordinamento è diventato un reato a sé stante solo nel 2019 con una modifica al codice penale che ha introdotto l’art 612 ter.
Tale articolo che ha una formulazione molto ampia e che accorda sanzioni che possono diventare molto severe se, ad esempio il reato è consumato ai danni di una persona con la quale esiste o è esistito un legame affettivo
o se commesso a danno di persone in condizioni di inferiorità psichica o fisica o su donne incinte, purtroppo nella pratica si è rivelato insufficiente nel contrastare la velocità di diffusione e l’incontrollabilità del materiale diffuso senza il consenso della vittima nella rete attraverso i social network.
Il decreto capienze, quindi, è intervenuto su questa esigenza attribuendo con l’art. 144 bis poteri e competenza all’Autorità Garante per la protezione dei dati personali.
Adesso l’autorità ha il potere di raccogliere segnalazioni e reclami in materia di Revenge Porn sui quali dovrà decidere entro 48 ore
Al termine di questa veloce istruttoria potrà poi emanare provvedimenti vincolanti aventi specifiche misure di garanzia per gli interessati nei confronti dei gestori di piattaforme digitali e social network.
Si agisce così su WhatsApp, telegram Facebook, ecc e cioè di quei soggetti attraverso i quali viene diffuso il materiale online
Con l’intervento rapido dell’autorità e la collaborazione attiva dei gestori delle piattaforme digitali si spera di poter arginare ogni problema collegato alla rapidissima diffusione dei file audio, video e delle immagini sessualmente espliciti.
L’art 144 bis più nello specifico dispone:
che l’autorità possa essere attivata da chiunque abbia fondati motivi di essere vittima di revenge porn (o comunque anche da un genitore o tutore) e come ho già ricordato che ha 48 ore di tempo per decidere in merito.
Che Inviare al garante i file del materiale sessualmente esplicito non integra la fattispecie di reato ex art. 612 ter del Codice penale
Che l’autorità possa indicare nei propri provvedimenti destinati ai gestori delle piattaforme digitali misure di garanzia per gli interessati e impone loro un dovere di collaborazione anche nell’attivare un recapito per la comunicazione dei provvedimenti
In caso di inosservanza di un provvedimento del Garante il garante diffida ad adempiere il gestore entro trenta giorni e in caso di inottemperanza alla diffida applica le sanzioni previste all’art. 83 del Regolamento 679/2016
Infine, il garante, qualora ravvisi una circostanza di procedibilità d’ufficio, trasmetterà al Pubblico ministero la segnalazione ricevuta e la documentazione acquisita.
È evidente che queste misure hanno come unico scopo quello di ridurre al minimo le conseguenze spiacevoli per le vittime di Revenge Porn.
Come è già avvenuto sul tema del Cyberbullismo anche se in maniera leggermente diversa, il legislatore italiano ha individuato nell’autorità garante per la protezione dei dati personali il soggetto ideale per dare una risposta efficace ad un problema grave e molto sentito.
Come abbiamo visto nell’arco di questi tre video, il decreto capienze ha comportato una riforma non banale del codice della privacy.
In primo luogo, infatti ha provato a semplificare i trattamenti dei dati tra i soggetti pubblici facendo leva sul concetto di responsabilizzazione.
In secondo luogo, ha inteso circoscrivere quei compiti e poteri dell’Autorità che avrebbero potuto ostacolare gli iter legislativi d’urgenza. Spostando l’accento dalle misure preventive a quelle correttive.
In ultimo ha confermato o esteso le prerogative del Garante in quelle fattispecie considerate dal legislatore particolarmente lesive dei diritti degli interessati.
Grazie per avermi seguito fino a qui.